MAZZARRONE
Sita
agli estremi limiti meridionali della provincia di Catania, a circa
300 metri sul livello del mare, Mazzarrone è un importante
centro agricolo e, soprattutto, vinicolo, noto per le pregiate uve
da tavola.
LA
CITTA'
La
chiesa, dedicata a S. Giuseppe, patrono del paese, ha origini recenti
(1910), completata soltanto nel 1977 con la dotazione di un campanile
alto 20 metri.
Altri
monumenti da ricordare sono la Chiesa del S. Cuore di Gesù
e la Chiesa di S. Maria del Rosario.
LA
STORIA
Ha
assunto la dignità di ente locale autonomo solamente nel
maggio 1976, anno in cui sono state erette in unico Comune autonomo
le località Piano Chiesa, Botteghelle, Cucchi, Leva e Grassura,
costituenti la frazione di Mazzarrone e appartenenti al territorio
di Caltagirone, e la località Botteghelle-Sciri Sottano insistente
sul territorio di Licodia Eubea.
Esistenti
dal 1870, con una connotazione prettamente rurale, questi borghi
si popolarono sempre di più fino a dar vita a una cittadina
che, per le sue vocazioni produttive incentrate sulla viticoltura,
si è posta al centro di un'economia ricca e prospera.
Il
nome Mazzarrone ha un'etimologia interessante ma di non semplice
lettura, sulla quale gli studiosi non concordano. La più
suggestiva è sicuramente quella di origine greca: maz, spiga,
e aron o arun, frumento, e cioè terra ricca di frumento.
Da rilevare infatti che, nonostante la giovane età della
città, il territorio di Mazzarrone ha radici che affondano
in un passato remoto, come testimoniano i rinvenimenti archeologici
che riportano alle epoche greca e romana.
La
parte di territorio ceduta dal Comune di Caltagirone, storicamente
è rappresentata dall'ex feudo Mazzarrone, mentre la parte
ceduta da Licodia Eubea era una porzione dell'ex feudo Sciri. In
tali feudi si sono avvicendati diversi possessori appartenenti a
diverse famiglie. Per Mazzarrone: Giovanni de Laumia (1296), Federico
de Cardona, Antonio de Timera da Lentini, Attardo Landolina, la
famiglia de Caramanno (che nel 1513 ne donò una parte al
monastero delle monache del SS. Salvatore di Noto), la famiglia
dei Platamone, dei Gravina, dei Requisenz, degli Iacona. Ed infine,
dal 1866 (con la legge "eversiva" che esproprio i beni
ecclesiastici), le famiglie nobiliari dei Gravina, dei Chiarandà
e dei Leva. Mentre per quanto riguarda Sciri, il possesso fu detenuto,
per un periodo molto lungo, dalla famiglia Santapace.
|